Un patto di ferro, antichi e stretti rapporti tra i clan mafiosi di Niscemi e Gela, mantenuti costantemente, anche dopo l’arresto del capo storico niscemese Giancarlo Giugno (il secondo da sinistra in alto), finito in manette lo scorso 15 febbraio nell’ambito del blitz “Rewind”.
E’ quanto hanno accertato gli investigatori che la scorsa notte, hanno dato l’input all’operazione antimafia “Fenice”.
Sei le persone arrestate dalla Polizia di Niscemi (diretti da Gabriele Presti) e dagli agenti della Squadra Mobile di Caltanissetta (guidati da Marzia Giustolisi), su ordine della Procura della Repubblica Direzione Distrettuale Antimafia del capoluogo nisseno. Tra loro, anche il gelese Alessandro Barberi, 62 anni, (il primo da sinistra in alto) ritenuto uomo d’onore della famiglia di Gela, consuocero del boss Giuseppe Piddu Madonia, una sorta di braccio destro. Barberi era uscito dal carcere nel 2011 e – così come ricostruito dalle indagini – da sempre legato al boss niscemese Giancarlo Giugno. Alessandro Barberi – hanno riferito gli inquirenti – è l’attuale reggente di Cosa Nostra, a Gela e in merito alle dichiarazioni rilasciate da numerosi collaboratori di giustizia, avrebbe retto la famiglia mafiosa nell’intera provincia nissena. Le manette la scorsa notte hanno interessato inoltre il vittoriese Alberto Musto, 28 anni e i niscemesi Luciano Albanelli, 36; Fabrizio Rizzo, 41; Salvatore Blanco, 49 e Alessandro Ficicchia di 37 anni.
L’accusa per tutti è di associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione, danneggiamento aggravato, porto illegale in luogo pubblico e detenzione illegale di armi e di ordigno esplosivo. Alberto Musto, studente universitario, ha raccolto il testimone di Giancarlo Giugno. Era lui che comandava a Niscemi, sotto l’egida del capo mandamento Barberi. E a lui si rivolgevano tutti gli altri, tra cui il pastore Fabrizio Rizzo. Quest’ultimo, nel proprio ovile di contrada Ursitto, ha ospitato più volte Barberi che Giugno in diversi summit di mafia. Tra i fermati della scorsa notte, c’è anche Salvatore Blanco, che nonostante si fosse trasferito a Crema, ha sempre continuato a far parte della “famiglia”. Le sue trasferte a Niscemi, avevano un solo obiettivo: chiedere soldi ai danni di esercenti commerciali locali per il sostentamento del clan. Sono numerose le richieste di pizzo documentate dalla Polizia. E se i commercianti si rifiutavano, erano guai con un’escalation di atti intimidatori, anche con l’uso di armi ed ordigni esplosivi. E’ stata una delle vittima del racket a denunciare, dopo l’incendio della propria autovettura, abbattendo il muro dell’omertà e consentendo agli investigatori di chiudere il cerchio. Muro dell’omertà che è stato demolito da altri due imprenditori del luogo.
E il Presidente dell’Associazione Antiracket di Gela “Gaetano Giordano”, Renzo Caponetti, esprime il proprio personale compiacimento per la brillante operazione effettuata a Niscemi che ha portato all’arresto di sei soggetti che tentavano di riorganizzare l’assetto mafioso locale. L’operazione di polizia, effettuata dalla Squadra Mobile di Caltanissetta e dagli uomini del Commissariato di Niscemi, segna un momento decisivo e l’inizio di una vera e propria rinascita per la città di Niscemi. Nel congratularsi vivissimamente con il Questore e con le Forze di Polizia che l’hanno condotta, Caponetti ringrazia vivamente tutti coloro che, a Niscemi, hanno voluto intraprendere un serio percorso di rinnovamento, avvalendosi dell’esperienza dell’associazione antiracket di Gela quale “filtro” validissimo ed insostituibile fra i cittadini vessati e le Istituzioni.
Fonte: tg10.it