L’hanno chiamato così l’ultima incursione della Polizia sul fronte antimafia. Con un arresto eccellente, stavolta. Si tratta di Franco Muncivì (nella foto), 62 anni a luglio, geometra, libero professionista, ex consigliere comunale. Gravi le imputazioni a suo carico: associazione mafiosa e estorsione aggravata. Con lo stesso provvedimento, il Gip del tribunale di Caltanissetta ha richiesto ed ottenuto il sequestro di beni riconducibili al Muncivì, del valore complessivo di oltre un milione di euro.
MuniciviMuncivì è indagato quale partecipe, unitamente ad altri, tra i quali Emmanuello Daniele (deceduto), Emmanuello Davide, Emmanuello Alessandro, Emmanuello Nunzio, Vella Francesco, Billizzi Massimo Carmelo, Vullo Domenico, Lignite Dario, Smorta Crocifisso, Portelli Paolo, Ferracane Fortunato, di un’associazione di tipo mafioso denominata gruppo Emmanuello.
A conclusione di una prima fase di complesse indagini condotte dalla locale squadra Mobile e dal Commissariato di Gela, nella decorsa notte, personale di detti Uffici, nel corso di una operazione denominata “Casa Nostra”, ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare, nonché due sequestri preventivi, in esecuzione dell’ordinanza di custodia ccautelare in Carcere emessa dal Gip del Tribunale di Caltanissetta dr.ssa Alessandra Giunta, il quale ha accolto le richieste formulate dalla Dda di Caltanissetta.
In particolare, in esecuzione della citata Ordinanza, è stato tratto in arresto Muncivì Francesco, nato a Gela l’11.07.1949, libero, incensurato, geometra libero professionista, già consigliere comunale di Gela, indagato quale partecipe, unitamente ad altri, tra i quali Emmanuello Daniele (deceduto), Emmanuello Davide, Emmanuello Alessandro, Emmanuello Nunzio, Vella Francesco, Billizzi Massimo Carmelo, Vullo Domenico, Lignite Dario, Smorta Crocifisso, Portelli Paolo, Ferracane Fortunato, di un’associazione di tipo mafioso denominata gruppo Emmanuello, articolazione territoriale dell’associazione mafiosa denominata Cosa Nostra, strutturata in organismi territoriali a base piramidale costituiti dalle province, a loro volta articolate in mandamenti, ciascuno dei quali composto da più famiglie, operanti unitariamente insieme con analoghe strutture impegnate in altre zone del territorio nazionale ed estero, da qualificare di tipo mafioso, perché i suoi appartenenti si avvalgono della forza intimidatrice del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà da esso derivanti per commettere delitti di ogni genere, e principalmente omicidi, estorsioni, traffico nazionale ed internazionale di sostanze stupefacenti, detenzione e porto di armi ed altri ancora, nonché per acquisire in modo diretto e in modo indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche quali forniture per la realizzazione di opere pubbliche e private, concessioni, appalti di opere pubbliche e pubblici servizi, e ancora per realizzare profitti ingiusti e per procurare voti, a sodali od a persone favorenti il sodalizio, in occasione di consultazioni elettorali.
In Gela quanto meno dal settembre 2001 ed in essere Il Nuncivì dovrà inoltre rispondere di estorsione aggravata dall’aver agevolato il sodalizio mafioso gelese di cosa nostra in quanto, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, costringeva, mediante minaccia, i soci di alcune imprese edili di Gela che costruivano gli immobili delle cooperative “Città Futura”, ì “Giada”, “Halley” e “Casa Nostra”, a versare denaro sia alla consorteria mafiosa di cosa nostra gelese che a se stesso, nonché a sottostare ad altri gravi condotte.
Nell’ambito del medesimo procedimento è stato richiesto e ottenuto da parte del G.i.p. del Tribunale di Caltanissetta il provvedimento di sequestro preventivo, ex art. 321 cpp, sui seguenti beni del Muncivì:
1. terreni (per un estensione di circa ettari 18), con valore di mercato attuale che si aggira tra i 750.000,00 euro e il 1.000.000,00 di euro, di proprietà della società Fiass s.r.l. sita in Gela,via Armando Diaz 38, di cui è amministratore Muncivì Maddalena Valentina, figlia di Muncivì Francesco;
2. immobile sito in Gela, vico Spinello 10, di proprietà dello stesso, con valore di mercato attuale che si aggira intorno a euro 150.000,00.
I terreni di contrada Catania-Casciana, dove è sorto il complesso residenziale Peep delle cooperative sopra citate, catastalmente indicati come agricoli, nel 2000 erano stati trasformati (ed espropriati) in zona residenziale, adibita a Piano per l’edilizia economica e popolare (Peep), con un’apposita delibera adottata da un commissario ad acta nominato dalla Regione Siciliana, dopo che il Consiglio comunale dell’epoca non si era pronunciato nel merito sul punto. Nel luglio 2009, su delega della DDA di Caltanissetta, venivano escussi gli imprenditori delle ditte edili che stavano costruendo gli immobili del complesso residenziale di contrada Catania Casciana, i quali affermavano che versavano in una situazione di grave mancanza di liquidità e di essere quasi sull’orlo del fallimento a causa del mancato pagamento di loro spettanze da parte del Muncivì Francesco; inoltre riferivano che, per i 170 alloggi delle cooperative “Città Futura”, “Giada”, “Halley” e “Casa Nostra”, erano stati costretti a pagare somme estorsive per un importo pari al 2% sul totale dei lavori.
In particolare le estorsioni relative al 2% dei lavori sarebbero state imposte proprio dal Muncivì Francesco, il quale di fatto gestiva e gestisce (in qualità di consulente) tutte le attività delle predette cooperative edilizie. Il Muncivì, per incutere timore agli imprenditori della ditte edili da lui ingaggiate, si era presentato come uomo legato alla famiglia mafiosa gelese degli Emmanuello, affermando che il denaro a titolo estorsivo da lui richiesto era destinato a detto sodalizio e che con tale pagamento avrebbero messo la loro attività al riparo da sicuri atti di ritorsioni.
Aveva inoltre imposto agli stessi imprenditori di non presentare alcuna riserva sui lavori edili in esecuzione, malgrado i materiali usati fossero più costosi rispetto a quanto indicato nei capitolati, facendo così loro spendere cifre molto più elevate rispetto a quelle pattuite, procurando in tal modo un notevole danno economico agli imprenditori interessati.
Inoltre il Muncivì imponeva ai citati imprenditori edili l’assunzione di sodali del clan e la c.d. “guardiania”, essendo state le vittime costrette a pagare stipendi, quasi sempre in nero, a soggetti che in realtà non effettuavano alcuna attività lavorativa nei cantieri in quanto legati alle famiglie mafiose di Gela: il tutto allo scopo di garantirsi che in quei cantieri non si verificassero danneggiamenti o attentati ai loro danni.
Ancora, alcuni soci e titolari delle imprese edili che stavano costruendo gli alloggi avevano inoltre dovuto partecipare ad una riunione indetta negli uffici di Muncivì alla quale era presente Billizzi Massimo Carmelo, noto esponente del gruppo mafioso Emmanuello di Cosa Nostra, nel corso della quale Muncivì intendeva imporre il monopolio di Missuto Sandro quanto al rifornimento di calcestruzzo nei loro cantieri; così come quello di Pirro Orazio (factotum del boss Crocifisso Smorta) per i rifornimenti di sabbia.
Inoltre il Muncivì aveva imposto alle vittime di eseguire gratuitamente lavori edili presso l’abitazione di Gela e presso la casa rurale del padre di Daniele Emmanuello, capo dell’omonimo gruppo mafioso, nonché presso l’abitazione di Billizzi Massimo Carmelo e presso un’abitazione dello stesso Muncivì sita in località Manfria.
Il Muncivì si premurava anche di far conoscere di volta in volta agli imprenditori i referenti della famiglia Emmanuello, di cui egli costituiva la longa manus, che si avvicendavano in conseguenza degli arresti: così, dopo l’arresto di Billizzi Massimo Carmelo, veniva presentato da Muncivì quale nuovo referente del gruppo mafioso Vullo Domenico e lo stesso fece con Lignite Davide.
Addirittura il Muncivì aveva imposto ad un impresa edile di subire prolungati ritardi nei pagamenti per essersi rifiutata di eseguire gratuitamente, nell’anno 2007, lavori di ripristino di un’abitazione rurale di proprietà della famiglia Emmanuello e di versare a Muncivì denaro pari al 5% dell’importo contrattuale (pari ad € 4.800.000,00) riguardo agli alloggi da costruire per la società cooperativa “Casa Nostra”.
Già nell’ambito delle indagini tese alla cattura dell’allora latitante Emmanuello Daniele, capo dell’omonima cosca mafiosa, condotte dalla locale Squadra Mobile, la figura di Muncivì Francesco era stata monitorata come insospettabile professionista che frequentava assiduamente la famiglia di sangue del latitante. Nell’ottobre 2005, personale della Sezione Catturandi accertava come nella primavera dello stesso anno, presso la Chiesa di San Giacomo (sita nell’omonima quartiere, accanto alla casa del latitante che insite in via Eutimo), si fosse cresimata Emmanuello Concetta Elisa, figlia del noto latitante Emmanuello Daniele e che tra i presenti alla cerimonia vi erano anche il predetto consigliere comunale Muncivì Francesco e il figlio di questi Muncivì Paolo (nato a Vittoria il 09.01.1981), anch’egli ex consigliere comunale alle passate elezioni amministrative (2008). Tutto ciò avveniva mentre, nello stesso periodo, emergeva, nell’ambito della medesima attività di indagine volta alla cattura del boss latitante Daniele Emmanuello, che il figlio di questi, Crocifisso, riuscisse, con una serie di stratagemmi atti ad eludere i controlli degli investigatori ed a raggiungere il padre latitante in località sconosciuta ma vicina a Gela.
Veniva altresì comprovato come lo stesso Muncivì Francesco avesse chiesto ad un suo collega di far inserire il giovane Emmanuello Crocifisso, figlio del latitante Emmanuello Daniele, iscritto presso l’università Luiss di Roma, presso l’appartamento romano dove già risiedeva, in affitto, il figlio del collega. Ed effettivamente, dalle indagini sulla cattura del latitante, era emerso che il figlio di quest’ultimo era stato per qualche anno residente a Roma.
Le indagini venivano infine corroborate dalle dichiarazioni di recenti collaboratori di giustizia che confermavano come effettivamente il Muncivì Francesco fosse un uomo “riservato” della famiglia mafiosa degli Emmanuello, al quale era stato dato il compito di curare gli affari della consorteria, con particolare riferimento alle cooperative edilizie in argomento. Secondo i collaboratori lo stesso latitante Daniele Emmanuello avrebbe chiesto, grazie al lavoro occulto svolto dal Muncivì, un alloggio per la propria famiglia di sangue nel complesso residenziale delle citate cooperative.
Il Muncivì, difeso dagli avv.ti Tonino Gagliano e Flavio Sinatra del foro di Gela, è stato associato presso il carcere di Caltanissetta, a disposizione dell’A.G. procedente.
(Fonte: Squadra Mobile – Questura di Caltanissetta)
fonte: corrieredigela.it