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Associazione Antiracket e Antiusura Gela
  Operazioni di Polizia  OPERAZIONE “ATLANTIDE MERCURIO”
Operazioni di Polizia

OPERAZIONE “ATLANTIDE MERCURIO”

Ass. AntiracketAss. Antiracket—25 Gennaio 20090

Ventitré arresti, due agenzie di scommesse sportive ed un’azienda produttrice di calcestruzzo sequestrate (per un valore complessivo di quattro milioni di euro), la scoperta di redditizie attività estorsive ed usuraie, l’inquietante vicinanza tra la politica e l’oscuro mondo della criminalità organizzata: questi sono i risultati dell’operazione “Atlantide-Mercurio”, condotta dal Reparto operativo e dal Raggruppamento operativo speciale dei Carabinieri di Caltanissetta, diretta a sgominare definitivamente il clan mafioso dei Madonia, egemone nell’intera provincia di Caltanissetta.

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Dall’inchiesta emerge un affresco allarmante, contrario ad ogni volontà di ribellione, fondato su un esercizio totalizzante della violenza e della sopraffazione, realizzate con ogni mezzo (dalle minacce verbali e fisiche fino agli attentati dinamitardi). Capo indiscusso dell’intera organizzazione si è confermato lo storico boss di cosa nostra, Giuseppe “Piddu” Madonia, attualmente sottoposto al regime carcerario del 41 bis, ma sempre in grado di arringare i suoi uomini, attraverso i messaggi comunicati ai parenti più stretti, la moglie Giovanna Santoro e la sorella Maria Stella Madonia.

Destinatario privilegiato ed esecutore materiale delle direttive era Carmelo Barbieri, volto oramai assai conosciuto dalle forze dell’ordine, già condannato a 24 anni di reclusione, dopo i primi due gradi giudizio, a seguito del processo denominato “Grande Oriente”, in libertà fino al momento dell’operazione “Atlantide-Mercurio” esclusivamente per decorrenza dei termini massimi di custodia cautelare (a seguito della vicenda legata ai ritardi del giudice Edi Pinatto). Il clan Madonia, guidato, in assenza del suo reggente, da Carmelo Barbieri, riusciva a spadroneggiare lungo l’intera provincia nissena, avendo come roccaforti quasi inespugnabili i paesi del cosiddetto “Vallone”; il perno fondamentale per il sostentamento economico dell’intero gruppo era costituito dalle estorsioni e dall’usura, senza trascurare, però, l’importanza dei profitti generati dalle due agenzie di scommesse sequestrate dai Carabinieri, e di fatto sotto il completo controllo del gruppo criminale, mediante l’utilizzo di prestanome.

Le figure più in vista dell’intera organizzazione (Carmelo Barbieri, Giovanna Santoro, Maria Stella Madonia) agivano senza alcuna remora e con notevole sicurezza, senza curarsi delle condanne già pendenti nei loro confronti, frutto del processo “Grande Oriente”, perpetrando le richieste provenienti dal boss Madonia: tutto ciò si traduceva concretamente nell’imposizione del pizzo, come nel caso della ditta di Paternò appaltatrice dei lavori per la realizzazione del parcheggio di Caposoprano; nell’obbligo di scegliere solo tra alcuni fornitori di calcestruzzo, escludendo del tutto le imprese estranee al controllo del sodalizio criminale; nella realizzazione di attentati incendiari, così gravi da mettere a repentaglio la vita di intere famiglie, colpevoli esclusivamente di vivere in edifici limitrofi agli obiettivi prescelti dai loro autori.

Gli esponenti del clan tenevano in pugno, anche se spesso assai “discretamente”, la provincia di Caltanissetta, con in testa le due realtà principali: il Capoluogo e Gela. Ma se le vicende dei vari Barbieri, Madonia, Santoro, Liardo sono ormai note agli attenti osservatori delle cronache giudiziarie, locali e non, la novità più evidente che emerge dall’operazione “Atlantide-Mercurio” concerne gli interessi del sodalizio criminale nelle più recenti competizioni politiche. L’attenzione degli inquirenti si è infatti concentrata sulla competizione per l’elezione all’Assemblea Regionale del 2006: da alcune intercettazioni emergerebbe il palese intento, espresso dai componenti del clan Madonia, di sponsorizzare la candidatura dell’attuale Presidente della Provincia nonché deputato regionale, Giuseppe Federico. La figura chiave di questo spezzone d’indagine, che rischia di creare gravi conseguenze sul piano politico-istituzionale, è indubbiamente quella del gioielliere Gaetano Palermo, assai vicino allo stesso Carmelo Barbieri (quest’ultimo peraltro fu protagonista insieme a Giuseppe Palermo, congiunto di Gaetano Palermo, di un tentativo di sequestro ai danni di due orafi veneti, i fratelli Bovo, sventato dalle forze dell’ordine durante l’operazione “Atlantide”), considerato vero e proprio punto d’unione tra la cosca e l’esponente dell’Mpa.

Le stesse intercettazioni descrivono un rapporto fondato su una comune volontà di successo, che avrebbe consentito, a Federico, di ottenere il prestigioso incarico istituzionale, dando contemporaneamente maggiori opportunità di infiltrazioni politiche al gruppo Madonia; a tal fine Gaetano Palermo avrebbe coinvolto direttamente Maria Stella Madonia, di modo da poter ottenere facili appoggi nella zona del “Vallone”, al solo scopo di agevolare ulteriormente l’elezione di Giuseppe Federico. Una vicenda che apre, in maniera più vigorosa, la questione del rapporto tra etica e politica, già attuale nel dibattito politico locale: anche perché, qualora le accuse nei confronti dell’on. Giuseppe Federico (allo stato attuale non iscritto nel registro degli indagati) dovessero essere confermate, si materializzerebbe una fattispecie di reato assai grave, quella del voto di scambio politico-mafioso, prevista dall’art. 416Ter del codice penale, punita con la pena della reclusione da tre a sei anni. La costante piaga dei rapporti tra politica e mondo criminale, ancora una volta, non pare arrestarsi, nell’attesa di essere smentiti dalle decisioni della magistratura.

Fonte: corrieredigela.it

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